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disse Pierre.   
   «Nessun bisogno,» disse spaventato l'aiutante. «Anche senza di questo, Ključarėv aveva gią i suoi peccati, ragion per cui č stato deportato. Ma il fatto č che il conte era veramente indignato. "Ma come hai potuto scriverlo tu?" dice il conte. E prende dal tavolo la "Gazzetta d'Amburgo". "Eccolo. Tu non l'hai composto, l'hai tradotto e per di pił tradotto molto male, perché non sai neanche il francese, scemo." Be', che cosa credete? "No," dice l'altro, "io non ho letto nessun giornale, l'ho scritto io." "Se č cosģ, allora sei un traditore e io ti mando in tribunale e ti impiccheranno. Confessa da chi l'hai avuto!" "Io non ho visto nessun giornale; l'ho scritto io." E la cosa restņ cosģ. Il conte mandņ a chiamare anche il padre: l'altro insistette ancora. E cosģ l'hanno mandato sotto processo e, a quanto sembra, č stato condannato ai lavori forzati. Adesso č venuto il padre a chiedere la grazia per lui. Ma č un ragazzaccio! Sapete, un figlio di mercante, viziato, pretenzioso, sobillatore, ha assistito chissą dove a qualche lezione e crede di essere pił furbo del diavolo. Proprio un bel tipo! Pensate che suo padre ha una trattoria qui al ponte Kamennyj, nella trattoria, sapete, c'č una grande icona di Dio onnipotente raffigurato con uno scettro in una mano e il globo terrestre nell'altra; lui ti prende quest'immagine e se la porta a casa qualche giorno e che ti combina! Ha trovato una canaglia di pittore...»   
   

   Capitolo XI   

   
   A metą di questo racconto, Pierre fu chiamato dal comandante supremo.   
   Entrņ nel gabinetto del conte Rastopčin. Rastopčin, accigliato, si

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