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30.   
   Dal 28 al 31 agosto tutta Mosca fu in subbuglio e in movimento. Ogni giorno, attraverso la Barriera Dorogomilovskaja entravano in città migliaia di feriti della battaglia di Borodino, mentre migliaia di carri, con gli abitanti e i loro averi, uscivano dalle altre barriere. Nonostante i manifesti di Rastopèin, o indipendentemente da essi o in seguito a essi, per la città si diffondevano le notizie più strane e contraddittorie. Chi diceva che a nessuno era permesso partire; chi, al contrario, raccontava che si erano tolte le icone dalle chiese e che tutti venivano mandati via con la forza; chi diceva che dopo Borodino c'era stata un'altra battaglia in cui i francesi erano stati sbaragliati; chi diceva, al contrario, che tutto l'esercito russo era stato annientato; chi parlava della milizia moscovita, che sarebbe andata alle Tri Gory con il clero in testa; chi raccontava sottovoce che ad Avgustin era stato dato l'ordine di non partire, che erano stati arrestati dei traditori, che i contadini si ribellavano e depredavano quelli che partivano, e così via... Ma erano solamente voci, dicerie; in realtà sia quelli che partivano, sia quelli che restavano (sebbene non si fosse ancora tenuto il consiglio di guerra di Fili in cui era stato deciso di abbandonare Mosca), tutti sentivano, anche se non lo davano a vedere, che Mosca sarebbe stata inevitabilmente abbandonata e che bisognava andarsene via al più presto di propria iniziativa e cercare di salvare le proprie cose. Si sentiva nell'aria che tutto, da un momento all'altro, sarebbe andato in pezzi e sarebbe mutato radicalmente, ma fino al I° settembre nulla ancora era cambiato. Come un criminale che viene condotto all'esecuzione cosciente di dover morire da un momento all'altro e che pure continua a guardarsi attorno e si assesta sul capo il berretto calzato male, così Mosca continuava la sua vita di

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