sempre, malgrado sapesse che era prossimo il momento della rovina, il momento in cui sarebbero crollate tutte quelle convenzionali condizioni di vita che ci si era abituati ad accettare.
Durante i tre giorni che precedettero l'occupazione di Mosca tutta la famiglia dei Rostov fu completamente assorbita da mille faccende domestiche. Il capo famiglia, il conte Il'ja Andreič, correva senza posa per cittą, raccogliendo tutte le voci che circolavano, e a casa dava disposizioni generiche, superficiali e frettolose per i preparativi della partenza.
La contessa seguiva l'imballaggio delle masserizie, era scontenta di tutto e sorvegliava Petja che continuamente le scappava via, assai gelosa di Nataa con cui quello trascorreva tutto il tempo. Solamente Sonja si occupava delle cose pratiche: l'imballaggio della roba. Ma Sonja era particolarmente triste e taciturna in quel periodo. La lettera di Nicolas, nella quale egli parlava della principessina Marija, aveva suscitato in sua presenza le allegre riflessioni della contessa che, nell'incontro della principessina Marija con Nicolas, vedeva la mano di Dio.
«Non mi sono mai rallegrata,» diceva la contessa, «quando Bolkonskij era il fidanzato di Nataa; mentre ho il presentimento che Nikolinka sposerą la principessina, come ho sempre desiderato. Che bella cosa sarebbe!»
Sonja sentiva che era la veritą, che l'unica possibilitą di rimettere in sesto la situazione economica dei Rostov era il matrimonio con una ragazza ricca e che la principessina era un buon partito. Ma soffriva moltissimo. Malgrado il suo dolore, o forse proprio in conseguenza del suo dolore, si assunse tutte le pesanti incombenze della direzione dell'imballaggio, ed era occupata da mattina a sera. Il conte e la