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fessura, o agitando le mani, ritornava indietro e afferrava un libro. Il maggiordomo era venuto ad annunciargli, per la seconda volta, che il francese con la lettera della contessa aveva estremo desiderio di parlargli, fosse anche per un solo momento, e che da parte della vedova di I.A. Bazdeev erano venuti a pregarlo di prendere in consegna i libri, dato che la signora Bazdeeva partiva per la campagna.   
   «Ah, sì, subito, aspetta... Oppure no... ma no, va a dire che vengo subito,» disse Pierre al maggiordomo.   
   Ma non appena il maggiordomo fu uscito, Pierre prese il cappello che stava sul tavolo e uscì dalla porta di servizio dallo studio. In corridoio non c'era nessuno. Pierre percorse il corridoio fino alle scale e, aggrottando la fronte e stropicciandola con tutt'e due le mani, scese fino al primo pianerottolo. Il portiere stava davanti all'ingresso padronale. Dal pianerottolo, dov'era disceso Pierre, un'altra scala portava all'ingresso di servizio. Pierre passò di là e uscì in cortile. Nessuno aveva visto. Ma in strada, non appena uscì dal portone, il portiere e i cocchieri che sostavano con le carrozze lì davanti, lo videro passare e si tolsero i berretti. Sentendosi i loro sguardi puntati addosso, Pierre si comportò come lo struzzo che nasconde la testa fra i cespugli per non essere veduto: abbassò la testa e, accelerando il passo, si allontanò lungo la strada.   
   Di tutte le faccende che l'aspettavano quella mattina, quella di scegliere i libri e le carte di Iosif Alekseeviè gli sembrava la più urgente.   
   Prese la prima vettura di piazza che gli capitò e ordinò di andare ai Patriaršie Prudy, dove si trovava la casa della vedova di Bazdeev.   
   Senza cessare di guardare i convogli, che avanzavano da tutte le

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