direzioni, di coloro che partivano da Mosca, Pierre sistemò alla meglio sui cuscini il suo grosso corpo, per non scivolare giù dal vecchio carrozzino sgangherato; in preda a un'intensa sensazione di gioia, simile a quella che prova un bambino fuggito da scuola, si mise a chiacchierare con il vetturino.
Questi gli raccontò che quel giorno al Cremlino distribuivano le armi, e che l'indomani tutta la popolazione sarebbe andata alla Barriera delle Tri Gory e là ci sarebbe stata una grande battaglia.
Giunto ai Patriaršie Prudy, Pierre ebbe qualche difficoltà a trovare la casa di Bazdeev, dove non si era più recato già da molto tempo. Si avvicinò al cancello. Al suo bussare s'affacciò Gerasim, quello stesso vecchietto giallo e sbarbato che Pierre aveva visto cinque anni prima a Toržok, in compagnia di Iosif Alekseeviè.
«Chi c'è in casa?» domandò Pierre.
«Date le attuali circostanze, Sofija Danilovna è partita con i figli per la tenuta la Toržok, eccellenza.»
«Io entro lo stesso, devo fare una scelta dei libri,» disse Pierre.
«Vi prego, favorite dentro... il fratello del defunto (sia pace all'anima sua), Makar Alekseeviè, è rimasto qui, ma, come voi sapete, è malato,» disse il vecchio domestico.
Come Pierre sapeva, Makar Alekseeviè era il fratello, mezzo demente e alcolizzato, di Iosif Alekseeviè.
«Sì, sì, lo so. Andiamo, andiamo...» disse Pierre, ed entrò in casa.
Un vecchio alto e calvo, in vestaglia da camera, col naso rosso e i piedi nudi in un paio di calosce, stava fermo, in piedi, nell'ingresso; vedendo Pierre brontolò rabbiosamente qualcosa e si ritirò nel corridoio.
«È stato un cervellone, ma adesso, come vedete, s'è ammalato,» disse