sangue sul viso ferito, gridò con voce piagnucolosa: «Guardie! Ci ammazzano!... Hanno ammazzato un uomo! Fratelli!...»
«Ohi, batjuski, hanno accoppato un uomo!» strillò una comare uscita da un portone vicino.
Una folla di gente si raccolse intorno al fabbro sanguinante.
«Non ti bastava derubare la gente, levargli pure la camicia,» disse qualcuno rivolto all'oste, «ora uccidi anche? Bandito!»
Il giovane alto, in piedi sull'ingresso, portava lo sguardo torbido ora sull'oste, ora sui fabbri, come considerando con chi, a questo punto, convenisse battersi.
«Assassino!» gridò a un tratto contro l'oste. «Legatelo ragazzi!»
«L'avete trovato chi si fa legare!» gridò l'oste divincolandosi dagli uomini che gli si erano buttati addosso e, strappatosi di testa il cappello, lo scaraventò per terra. Come se quell'atto avesse chissà quale misterioso significato di minaccia, i fabbri, che avevano già circondato l'oste, si fermarono indecisi.
«La legge, cari miei, io la conosco molto bene. Io vado dal commissario. Credete che non ci vada? Di fare i banditi, in momenti come questo, non lo permettono a nessuno!» gridò l'oste, raccogliendo il suo cappello.
«E andiamoci, vedrai! Andiamoci... vedrai tu!» si ripeterono a vicenda l'oste e il giovane alto e s'avviarono insieme per la strada. Il fabbro sanguinante camminava al loro fianco. Gli operai e una piccola folla estranea, vociando e gridando, li seguivano dappresso.
All'angolo della Marosejka, davanti a una grande casa con le imposte chiuse, che aveva nella facciata un'insegna di calzoleria, stavano fermi, con facce avvilite, una ventina di calzolai, uomini scarni e macilenti, in