trovavano i Rostov. La contessa disse che non aveva potuto chiuder occhio a causa di quei lamenti, e cosě a Mytišči aveva preferito trasferirsi in un'izba piů brutta pur di trovarsi un po' piů lontano da quel ferito.
Nell'oscuritŕ della notte, dietro l'alta mole di una carrozza ferma davanti all'ingresso, uno dei domestici avvistň un secondo, non grande, riverbero d'incendio. Altri bagliori si scorgevano giŕ da parecchio tempo e tutti sapevano che bruciava la contrada di Malye Mytišči, incendiata dai cosacchi di Mamonov.
«Ehi, ragazzi, c'č un altro incendio,» disse un attendente.
Tutti rivolsero l'attenzione al riverbero.
«Be', si diceva giŕ che i cosacchi di Mamonov hanno incendiato Malye Mytišči.»
«Sě! Ma questo no, questo non č Mytišči, č piů in lŕ.»
«Guarda, guarda: sembra proprio che sia a Mosca.»
Due domestici scesero dalla scaletta, fecero il giro della carrozza e si sedettero sul predellino.
«Č piů a sinistra! Eccome no, Mytišči guarda dov'č, mentre questo č da tutt'altra parte.»
Altri domestici si unirono ai primi due.
«Vedi come brucia,» disse uno di loro, «quest'incendio, signori miei, č a Mosca: o alla Suščevskaja o alla Rogožskaja.»
Nessuno ribatté a quest'osservazione. Tutti restarono a guardare in silenzio, per molto tempo, le fiamme lontane di quel nuovo incendio.
Un vecchio cameriere del conte, Danila Terent'ič, si avvicinň al gruppo e chiamň Miška.
«Be', cosa stai a guardare, scansafatiche?... Il conte chiama e non c'č nessuno; va a preparare il vestito.»