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   «Ero venuto soltanto per prender l'acqua,» disse Miška.   
   «E voi che ne pensate, Danila Terent'iè, non è a Mosca quell'incendio?» disse uno dei servi.   
   Danila Terent'iè non rispose, e di nuovo tutti rimasero per un bel po' in silenzio. Il bagliore si dilatava e ondeggiava sempre più ampio.   
   «Signore abbi pietà!... con questo vento e questa siccità...» disse di nuovo una voce.   
   «Guarda come si è esteso! Oh, Signore! Si vedono già le cornacchie. Signore, abbi pietà di noi peccatori!»   
   «Lo spegneranno, diamine.»   
   «E chi lo spegne?» si sentì la voce di Danila Terent'iè, che fino a quel momento aveva sempre taciuto. La sua voce era calma e lenta. «È proprio Mosca, ragazzi,» disse, «proprio lei, la nostra madre bianca...» La sua voce si spezzò e a un tratto egli proruppe in un pianto senile, convulso.   
   E fu come se tutti non aspettassero altro per comprendere finalmente quale significato avessero per loro quei bagliori lontani. Si udirono dei sospiri, delle parole di preghiera e ancora i singhiozzi del vecchio cameriere del conte.   
   

   Capitolo XXXI   

   
   Il vecchio cameriere rientrando in casa, riferì al conte che Mosca bruciava. Il conte indossò la vestaglia e uscì a vedere. Insieme a lui uscirono Sonja, che non si era ancora svestita, e madame Schoss. Nella stanza rimasero solamente Nataša e la contessa. (Petja non era più con la famiglia: era andato avanti con il suo reggimento, diretto a Troica.)   

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