Alla notizia che Mosca bruciava, la contessa si era messa a piangere. Nataša , pallida, con gli occhi dilatati e fissi nel vuoto, seduta su una panca sotto le icone (in quello stesso posto s'era seduta appena arrivata), non rivolse alcuna attenzione alle parole del padre. Tendeva l'orecchio agli incessanti lamenti dell'aiutante, che si sentivano ancora, quantunque fosse tre case piů lontano.
«Ah, che spavento!» disse Sonja intirizzita e spaventata, tornando dal cortile. «Secondo me, brucerŕ tutta Mosca, c'č un riverbero spaventoso! Nataša, guarda, qui, dalla finestra, si puň vedere...» disse alla cugina, cercando visibilmente di distrarla in qualche modo.
Ma Natašala guardň come se non comprendesse le sue parole, e di nuovo fissň lo sguardo su un angolo vuoto della stanza. Nataša si trovava in questo stato, come di catalessi, sin dalla mattina, dal momento in cui Sonja, con stupore e disappunto della contessa, senza nessun plausibile motivo, aveva creduto necessario informare Nataša della ferita del principe Andrej, e della sua presenza nel loro convoglio. La contessa si era infuriata con Sonja come poche volte le accadeva. Sonja, allora, si era messa a piangere e aveva chiesto perdono, e adesso, come tentando di scolparsi, si occupava incessantemente della cugina.
«Guarda, Nataša, che incendio terribile!» disse Sonja.
«Cos'č che brucia?» domandň Nataša. «Ah, sě, Mosca.»
E, come per non offendere Sonja con un rifiuto, e insieme per liberarsi di lei, si avvicinň alla finestra, e guardň fuori con un'occhiata cosě rapida e indifferente, che certamente non poté vedere nulla, poi tornň a sedersi al posto di prima.
«No, ho visto, davvero,» disse Nataša con una voce che implorava d'essere lasciata in pace.