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sommessi lamenti, piangeva a dirotto. Due bambine, dai dieci ai dodici anni, vestite di sudici abitini corti, guardavano la madre con un'espressione sgomenta sui visi pallidi e spaventati. Un bambino più piccolo, sui sette anni, con un camiciotto e un enorme berretto che non era il suo, piangeva in braccio a una vecchia njanja. Una ragazza scalza e sudicia stava appollaiata su un baule e, slegata la treccia bionda, ne strappava i capelli bruciacchiati, annusandoli via via. Il marito, un uomo basso e un po' curvo, in uniforme di piccolo funzionario, con fedine tondeggianti e i capelli ben lisciati sulle tempie, che il berretto calzato dritto gli lasciava scoperte, spostava, col volto immobile, i bauli ammassati uno sopra l'altro, cercando di tirarne fuori degli abiti.   
   La donna, appena vide Pierre, quasi si buttò ai suoi piedi.   
   «Fratelli, cristiani ortodossi, aiutateci, salvateci, per carità!... Aiutateci, qualcuno,» disse fra i singhiozzi. «La bambina!... Mia figlia! Hanno lasciato la mia figlia più piccola!... È bruciata! Oooh... Così doveva finire la mia... Oooh!...»   
   «Basta, Marja Nikolaevna,» il marito si rivolse a mezza voce alla moglie, cercando forse di giustificarsi davanti a quell'estraneo. «Sicuramente l'avrà portata via mia sorella, altrimenti dove vuoi che sia?» terminò.   
   «Senza cuore, crudele!» si mise a urlare la donna inferocita, smettendo di piangere di colpo. «Tu non hai cuore, non hai pietà della tua creatura. Un altro l'avrebbe tratta in salvo dall'incendio. Ma lui è una statua; non è un essere umano, non è un padre. Voi, che siete un uomo nobile,» si rivolse la donna a Pierre parlando a precipizio, tra i singhiozzi: «L'incendio è cominciato qui vicino e subito s'è appiccato... anche alla nostra casa. Questa ragazza ha gridato: al fuoco! Ci siamo precipitati a

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