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collera.   
   «Colonel Michaux, n'oubliez pas ce que je vous dis ici; peut-être qu'un jour nous le rappellerons avec plaisir... Napoléon ou moi,» disse l'imperatore, portandosi la mano al petto. «Nous ne pouvons plus régner ensemble. J'ai appris à le connaître, il ne me trompera plus...»   
   E l'imperatore, accigliandosi, tacque. A sentire queste parole, a vedere quell'espressione di ferma risolutezza negli occhi del sovrano, Michaux quoique étranger, mais russe de coeur et d'âme, si sentì in quel momento solenne entousiasmé par tout ce qu'il venait d'entendre (come ebbe a dire in seguito), e, nelle parole che aggiunse, esternò sia i propri sentimenti, che quelli del popolo russo, del quale si considerava plenipotenziario.   
   «Sire!» disse. «Votre Majesté signe dans ce moment la gloire de sa nation et le salut de l'Europe!»   
   L'imperatore, con un cenno del capo, congedò Michaux.   
   

   Capitolo IV   

   
   Noi, che non siamo vissuti in quel tempo, possiamo involontariamente credere che, quando la Russia era per metà occupata e gli abitanti di Mosca fuggivano in governatorati lontani, e milizie su milizie si susseguivano in difesa della patria, tutti i russi, dal più piccolo al più grande, non dovessero pensare ad altro che a far sacrificio di se stessi, a salvare la patria o a fingerne la perdita. I racconti, le descrizioni di quel periodo parlano tutti, senza eccezione, solo dell'abnegazione, dell'amor patrio, della disperazione, del dolore e dell'eroismo dei russi. Le cose, in realtà, non andarono così. Noi lo crediamo soltanto perché,

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