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un mese da quei giorni, e nella nuova situazione si era un po' tranquillizzata, provocava in lei una angoscia sempre più dolorosa. Era anche inquieta: il pensiero dei pericoli a cui era esposto suo fratello, l'unica persona cara che le fosse rimasta, la tormentava incessantemente. L'angustiava anche il problema dell'educazione del nipote, di fronte alla quale aveva una sensazione di assoluta incapacità; ma nel profondo dell'animo si sentiva d'accordo con se stessa, cosciente com'era d'aver soffocato dentro di sé i sogni e le speranze connesse all'apparizione di Rostov nella sua vita.   
   Quando, il giorno successivo al suo ricevimento, la governatrice si recò dalla Malincseva e, dopo aver parlato con la zia dei suoi progetti (premettendo la riserva che, se pure nelle attuali circostanze non si poteva neanche pensare a un fidanzamento in piena regola, si poteva tuttavia fare in modo che i due giovani s'incontrassero, permettere loro di conoscersi l'un l'altro) e averne avuto l'approvazione, si mise a parlare, in presenza della principessina Mar'ja, di Rostov, tessendone gli elogi e raccontando come fosse arrossito al sentir menzionare la principessina, quest'ultima non provò nessuna gioia, ma, al contrario, un'acuta sofferenza: il suo accordo interiore si rompeva, e nuovamente si sollevavano i desideri, i dubbi, i rimorsi e le speranze.   
   Nei due giorni che trascorsero fra questa notizia e la visita di Rostov, la principessina Mar'ja non smise un attimo di pensare a come avrebbe dovuto comportarsi nei suoi confronti. Ora decideva tra sé che non si sarebbe nemmeno presentata in salotto quando lui sarebbe venuto a trovare la zia, perché sarebbe stato sconveniente ricevere ospiti per una persona in lutto stretto; ora pensava che un simile comportamento sarebbe stato scortese dopo quanto lui aveva fatto per lei; ora credeva di

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