indovinare che sua zia e la governatrice avevano dei progetti intorno a lei e Rostov (talvolta i loro sguardi e le loro parole sembravano confermare questa supposizione); ora si diceva che soltanto lei, nella sua perversità, poteva concepire simili pensieri, giacché loro non potevano aver dimenticato che nella sua posizione, mentre portava ancora il lutto, la proposta di fidanzamento sarebbe stata offensiva sia per lei, sia per la memoria di suo padre. Dicendo che si sarebbe presentata in salotto per salutarlo, la principessina Mar'ja cercava di immaginarsi quello che lui le avrebbe detto, e quello che lei avrebbe risposto: e ora le sue risposte le sembravano immeritatamente fredde, ora troppo piene di significato. La cosa che più di tutte temeva, nell'incontrarlo, era quel turbamento che, ne era sicura, si sarebbe impadronito di lei e l'avrebbe tradita, non appena se lo fosse veduto innanzi agli occhi.
Ma quando, il pomeriggio della domenica, il domestico venne ad annunciare in salotto che era arrivato il conte Rostov, la principessina non dimostrò alcun turbamento; soltanto un leggero rossore le affiorò sulle guance e i suoi occhi si illuminarono di una luce nuova, raggiante.
«Voi l'avete già visto, zia?» chiese la principessina Mar'ja con voce calma, senza sapere nemmeno lei come le fosse possibile mantenere esteriormente tanta calma e naturalezza.
Quando Rostov entrò nella stanza, la principessina restò per un istante a testa bassa, come per lasciare all'ospite il tempo di salutare la zia, e poi, proprio nel momento in cui Nikolaj si rivolse a lei, sollevò il capo e incontrò con occhi splendenti il suo sguardo. Con un movimento pieno di dignità e di grazia e con un sorriso di gioia, si alzò, gli porse la sua mano sottile, delicata, e gli disse qualcosa con una voce, in cui per la prima volta risonavano nuove, profonde note femminili. M.lle Bourienne,