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   Uscendo dalla camera del principe Andrej, la principessina Mar'ja aveva ormai compreso a fondo tutto ciò che le aveva accennato il volto di Nataša. Non parlò più a Nataša della speranza che lui si salvasse. Si alternava con lei al suo capezzale, e non piangeva più, ma pregava incessantemente, rivolgendo tutta la sua anima all'Eterno, all'Imperscrutabile, la cui presenza era adesso così tangibile accanto a quell'uomo in fin di vita.   
   

   Capitolo XVI   

   
   Il principe Andrej non solo sapeva che sarebbe morto, ma sentiva che stava morendo, sentiva d'essere già morto per metà. Provava un senso di estraneità da ogni cosa terrena e insieme un'impressione - strana e gioiosa - di leggerezza. Senza fretta né ansia, attendeva quello che doveva accadere. Quella cosa terribile, eterna, sconosciuta e lontana, la cui presenza non aveva mai cessato di avvertire durante tutta la sua vita, adesso gli era vicina e - per quello strano stato di leggerezza in cui ora si trovava - quasi comprensibile e percettibile...   
   Prima, aveva paura della fine. Due volte aveva provato quel terribile tormento della paura della morte, della fine; adesso non lo capiva più.   
   La prima volta che aveva provato quel tormento era stato quando la granata si era messa a roteare come una trottola davanti ai suoi occhi, e lui aveva alzato lo sguardo alle stoppie, ai cespugli, al cielo, cosciente che lì, davanti a lui c'era la morte. Quando, dopo la ferita, aveva ripreso i sensi e in fondo all'anima, come se si fosse liberato dagli impacci della vita terrena, era sbocciato quel fiore dell'amore eterno, libero, indipendente dalla vita, la morte ormai non gli faceva più paura,

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