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infelicità. Ma anche in questo negli ultimi tempi, ho visto un accenno di miglioramento. I suoi sarcasmi sono più così caustici; ha perfino ricevuto, un monaco e gli ha parlato a lungo.»   
   «Amica mia, temo proprio che tu e il monaco sprechiate invano le vostre polveri,» rispose, canzonatorio ma affettuoso, il principe Andrej.   
   «Ah, mon ami, io mi limito a pregare Dio e spero che Egli vorrà ascoltarmi. André,» continuò timidamente dopo un momento di silenzio, «debbo rivolgerti una grande preghiera.»   
   «Che c'è, mia cara?»   
   «Promettimi che non rifiuterai. Non ti costerà nessuna fatica e non ci sarà per te nulla di disonorevole. Mi darai solo una consolazione. Prometti, Andrjuša,» disse, infilando una mano nel ridicule e afferrando qualcosa che ancora non mostrava, come se ciò che celava in mano costituisse l'oggetto della preghiera e non potesse levarlo dal ridicule prima di aver ottenuto la promessa che la preghiera sarebbe stata esaudita.   
   Essa guardava il fratello timidamente, con uno sguardo supplichevole.   
   «Anche se mi costasse una fatica enorme...» rispose il principe Andrej, come indovinando di cosa si trattava.   
   «Pensane pure quello che credi! So che tu sei uguale a mon père. Pensa quello che vuoi, ma fallo per me. Fallo, ti prego! Il padre di mio padre, nostro nonno, la portava in tutte le guerre...» Ancora, però, non toglieva dal ridicule ciò che vi teneva celato. «Allora, me lo prometti?»   
   «Certamente, di che si tratta?»   
   «André, io ti benedico con un'immagine, e tu mi prometti che non te la toglierai mai... Lo prometti?»   
   «Purché non pesi cento chili e non mi tiri giù il collo... per farti

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