Lo spostamento dalla strada di Nižnij Novgorod a quella di Rjazan, Tula e Kaluga era a tal punto naturale che nella stessa direzione fuggirono, abbandonandosi al saccheggio, i disertori dell'esercito russo, e nella stessa direzione si voleva a Pietroburgo che Kutuzov muovesse l'esercito. A Tarutino, Kutuzov ricevette una sorta di rimprovero da parte dell'imperatore per non aver condotto l'esercito sulla strada di Rjazan, e ne ebbe l'incitamento ad occupare esattamente quella posizione nella quale già si trovava quando il messaggio imperiale gli pervenne.
Dopo esser rotolata nella direzione dei colpi subiti durante tutta la campagna e nella battaglia di Borodino, la biglia dell'esercito russo, esaurita la forza di quelle spinte e non ricevendone altre, andò ad assumere la posizione per essa più naturale.
Il merito di Kutuzov non consistette in una manovra strategica geniale, come alcuni vollero sostenere, ma nel fatto d'aver capito, lui solo, il significato di quanto stava accadendo. Lui solo capì fin da allora il significato dell'inazione dell'esercito francese; lui solo non si stancò di ripetere che la battaglia di Borodino era stata una vittoria; lui solo, pur essendo colui che, per la sua posizione di comandante supremo, avrebbe dovuto essere il più propenso ad attaccare, dedicò tutte le sue forze a trattenere l'esercito russo da inutili scontri.
La belva ferita a Borodino giaceva ancora là dove il cacciatore, fuggendo, l'aveva abbandonata; ma il cacciatore non sapeva se fosse ancora viva e in forze, se si fosse immobilizzata nell'agguato. A un tratto, la belva fece udire il suo lamento.
Il lamento di quella belva ferita ch'era l'esercito francese, il lamento che ne rivelò l'agonia, fu l'arrivo di Lauriston al campo di Kutuzov con proposte di pace.