«Principe Michail Ilarionoviè» scrisse l'imperatore in una lettera che, inviata il 2 ottobre, fu ricevuta dopo la battaglia di Tarutino. «Dal 2 settembre Mosca è in mano del nemico. Gli ultimi vostri rapporti sono del 20, e in tutto questo tempo non solo non si è intrapreso nulla per dare una risposta al nemico e liberare la prima capitale del nostro impero, ma addirittura, stando ai vostri ultimi rapporti, voi vi siete ulteriormente ritirato. Serpuchov è stata occupata da un distaccamento nemico e la stessa Tula, con le sue importanti fabbriche d'armi così indispensabili all'esercito, è in pericolo. Dai rapporti del generale Wintzingerode, vedo che un corpo nemico di diecimila uomini avanza verso la strada di Pietroburgo. Un altro, di varie migliaia di uomini, si muove verso Dmitrovo. Un terzo e avanzato lungo la strada di Vladimir. Un quarto, di notevole consistenza, s'è attestato fra Ruza e Možajsk. Lo stesso Napoleone, il giorno 25, si trovava a Mosca. Stando a tutte queste informazioni, visto che il nemico ha spezzettato le proprie forze in tanti distaccamenti e lo stesso Napoleone è rimasto a Mosca con la sua Guardia, è mai possibile che le forze nemiche che si trovano davanti a voi siano ancora tanto ingenti da non consentirvi un'azione offensiva? Con ogni probabilità, anzi, si può supporre che egli vi stia incalzando con reparti staccati, o in ogni caso con un corpo d'armata assai più debole di quello a voi affidato. Si direbbe dunque che, approfittando di questa situazione, voi potreste attaccare con vantaggio un avversario più debole di voi e annientarlo o, almeno, costringerlo a ritirarsi, facendo tornare nelle nostre mani una buona parte dei governatorati attualmente invasi e con ciò stesso stornando il pericolo da Tula e dalle altre città dell'interno. Sareste voi responsabile se il nemico potrà distaccare ingenti forze su Pietroburgo e minacciare questa capitale, dove non son potute restare