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Nikolaj Ivanoviè! Ah-ah-ah!»   
   L'ufficiale capiva benissimo che, entrando proprio in quel momento con un ordine importante, si rendeva due volte colpevole, e avrebbe voluto aspettare; ma uno dei generali lo scorse e, sentito il motivo della sua venuta, lo disse a Ermolov. Ermolov venne verso l'ufficiale con volto accigliato e, dopo averlo ascoltato, gli prese di mano le carte senza pronunciar parola.   
   «Credi che se ne fosse andato per caso?» diceva quella sera un collega dello Stato Maggiore all'ufficiale della Guardia, parlando di Ermolov. «Storie, l'ha fatto apposta. Per far la forca a Konovnitsyn. Vedrai che frittata, domani!»   
   

   Capitolo V   

   
   Il giorno dopo, di buon'ora, il decrepito Kutuzov si alzò, disse le preghiere, si vestì e, con la spiacevole consapevolezza di dover dirigere una battaglia sulla quale non era affatto d'accordo, salì in carrozza e partì da Letašovka, cinque verste alle spalle di Tarutino, diretto verso la località dove dovevano concentrarsi le colonne destinate all'attacco. Kutuzov, durante il viaggio, continuava ad appisolarsi e a risvegliarsi, e intanto tendeva l'orecchio per sentire se da destra non giungessero spari, non fossero già cominciati gli scontri. Ma tutto era ancora tranquillo. Quel che cominciava era soltanto l'alba d'un'umida, grigia giornata d'autunno. Avvicinandosi a Tarutino, Kutuzov notò alcuni cavalleggeri che portavano a bere i cavalli tagliando la strada lungo la quale procedeva la carrozza. Kutuzov li osservò, poi fece fermare la carrozza e chiese loro di che reggimento fossero. I soldati facevano parte di una colonna che

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