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s'era prefisso: immettere nel combattimento le truppe in modo graduale, in base all'ordine operativo; e nemmeno quello del conte Orlov: far prigioniero Murat; o lo scopo di annientare in un sol colpo l'intero corpo d'armata, scopo che poteva esser quello di Bennigsen e di altri; né, infine, lo scopo dell'ufficiale, che voleva partecipare a una battaglia e distinguervisi, o del cosacco, che voleva fare più bottino di quanto ne avesse mai fatto, e così via. Ma se lo scopo era ciò che di fatto avvenne, e che per tutti i russi costituiva allora il comune desiderio, cioè cacciare i francesi dalla Russia e distruggere il loro esercito, sarà allora del tutto chiaro che la battaglia di Tarutino, proprio a causa delle sue incongruenze, fu esattamente quel che ci voleva in quel momento della campagna. È difficile, anzi impossibile immaginare un qualsiasi altro esito di questa battaglia che risulti più utile e funzionale dell'esito che essa ebbe nella realtà. Con il minimo sforzo, con la massima confusione e con le perdite meno gravose, furono acquisiti i risultati più grandiosi dell'intera campagna: dalla ritirata si passò all'offensiva, la debolezza dei francesi fu smascherata, e si assestò alle truppe di Napoleone quella piccola spinta ch'esse aspettavano per cominciare la fuga.   
   

   Capitolo VIII   

   
   Napoleone fa il suo ingresso a Mosca dopo la sfolgorante vittoria de la Moscowa; sul fatto che si tratti di una vittoria non possono esserci dubbi, dato che il campo di battaglia resta in mano ai francesi. I russi si ritirano e abbandonano la capitale. Mosca, piena di viveri, di armi, di munizioni e di incalcolabili ricchezze, è nelle mani di Napoleone.

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