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fa. Studiare le manovre e gli scopi perseguiti da Napoleone e dal suo esercito, dal momento del loro ingresso in Mosca fino alla disfatta finale, è come indagare il senso dei salti e delle convulsioni che precedono la fine di un animale ferito a morte. Spesso l'animale ferito, sentendo un fruscio, si lancia proprio in direzione del tiro del cacciatore, corre avanti, indietro, e così affretta da sé la propria fine. Lo stesso faceva Napoleone sotto la pressione di tutto il suo esercito. Il fruscio della battaglia di Tarutino aveva spaventato la belva ed essa si lanciò avanti, incontro al colpo del cacciatore, corse fino a lui, poi tornò di nuovo indietro e, infine, si diede alla fuga lungo la strada più svantaggiosa e pericolosa, come fa la belva pur di seguire le vecchie tracce.   
   Napoleone, che solitamente viene rappresentato come colui che guidò tutto questo movimento (così come i selvaggi credono che la figura scolpita sulla prua di una nave sia la forza da cui è guidata la nave), Napoleone - durante tutto questo periodo della sua attività - fu simile a un bambino che, aggrappato alle corde che pendono all'interno di una carrozza, s'immagina d'esser lui a guidare i cavalli.   
   

   Capitolo XI   

   
   Il 6 ottobre, di buon'ora, Pierre uscì dalla baracca, e poi, rientrandovi, si soffermò accanto alla porta a giocare con un cagnolino lungo, grigio, dalle zampette corte e storte, che gli girava attorno. Questo cagnolino viveva nella baracca, passava la notte con Karataev, ma certe volte se ne andava chissà dove per la città e poi tornava di nuovo. Probabilmente non aveva mai avuto un padrone, nemmeno adesso lo aveva, e

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