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misteriosa e implacabile che costringe gli uomini a uccidersi l'un l'altro contro il loro stesso volere, quella forza che aveva già visto in atto durante l'esecuzione. Cedere alla paura, tentare di sfuggire quella forza, rivolgere suppliche o esortazioni agli uomini che ne erano strumento, era tutto inutile. Pierre, adesso, lo sapeva. Bisognava attendere e pazientare. Pierre non si avvicinò più al malato, né si voltò a guardarlo. Rimase accanto alla porta della baracca, in silenzio, accigliato.   
   Quando la porta della baracca si aprì e i prigionieri si accalcarono all'uscita come un gregge di montoni, sospingendosi l'un l'altro, Pierre si aprì un varco fra loro e s'accostò a quel capitano che, stando alle assicurazioni del caporale, era pronto a fare qualsiasi cosa per Pierre. Era anche lui in assetto di marcia, e anche dalla sua faccia gelida traspariva quella «cosa», che Pierre aveva ravvisato nelle parole del caporale e nel rullio dei tamburi.   
   «Filez, filez, diceva il capitano, guardando con cipiglio i prigionieri che si accalcavano davanti a lui. Pierre sapeva che il suo tentativo sarebbe stato vano, ma gli si avvicinò egualmente.   
   «Eh bien, qu'est ce qu'il y a?» disse l'ufficiale, voltandosi a fissarlo freddamente come se non l'avesse riconosciuto.   
   Pierre gli disse del malato.   
   «Il pourra marcher, que diable!» disse il capitano. «Filez, filez,» tornò poi a ripetere senza più guardare Pierre.   
   «Mais non, il est à l'agonie...» incominciò a dire Pierre.   
   «Voulez vous bien!?» gridò il capitano con una smorfia d'ira.   
   Dram-da-da-dam, dam, dam, rullavano i tamburi. E Pierre capì che la forza misteriosa si era già completamente impossessata di quegli uomini e che sarebbe stato inutile, ormai, aggiungere qualcosa.   

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