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rivoltò con rabbia verso quello che camminava dietro di lui e non lo aveva spinto per nulla.   
   «Ahi, ahi, ahi, che hanno mai fatto!» s'alzavano tuttavia -- ora da una parte, ora dall'altra - le voci dei prigionieri che s'eran voltati a osservare l'incendio. «Anche Zamoskvorèèie, anche Zùbovo, persino il Cremlino... Guardate, una metà è già andata... Ve l'avevo detto: tutto Zamoskvorèèie ... È proprio così!»   
   «Non capite che è bruciato tutto? Non c'è proprio niente da discutere!» diceva il maggiore.   
   Mentre attraversavano Chamòvniki (uno dei pochi quartieri di Mosca che non fossero andati a fuoco), tutti i prigionieri in folla si strinsero di colpo da un lato, davanti alla chiesa e s'alzarono esclamazioni di disgusto e d'orrore.   
   «Ah, delinquenti! Razza di anticristi! Ma sì, è morto, proprio morto... L'hanno spalmato di qualcosa.»   
   Anche Pierre raggiunse la chiesa, davanti alla quale stava ciò che aveva suscitato quelle esclamazioni, e vide confusamente qualcosa contro il muro di cinta. Dalle parole dei compagni in grado di vedere meglio di lui, seppe che si trattava di un cadavere addossato, così in piedi, al muro, e col viso spalmato di fuliggine.   
   «Marchez, sacré nom... Filez... trente mille diables...», risuonarono le imprecazioni dei soldati di scorta; e i francesi si misero, con insolito accanimento, a disperdere a colpi di daga la folla dei prigionieri ferma a guardare il morto.   
   

   Capitolo XIV   

   

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