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   «Che vuoi farci? È bella, ecco. Non dubitare, farò ogni cosa,» diceva a scatti mentre sigillava la lettera.   
   Andrej taceva: gli faceva piacere e insieme dispiacere che il padre lo avesse capito. Il vecchio si alzò e porse la lettera al figlio.   
   «Ascolta,» gli disse, «non darti pensiero per tua moglie: tutto ciò che è possibile fare, sarà fatto. Ma ora ascoltami: consegna questa lettera a Michajl Ilarionoviè Kutuzov. Gli ho scritto che ti utilizzi in buoni posti e non si serva a lungo di te come aiutante di campo: è un pessimo incarico! Digli che io lo ricordo e gli voglio bene. Tu, poi, mi scriverai come ti ha accolto. Se con te sarà buono, servilo bene. Il figlio di Nikolaj Andreeviè Bolkonskij non deve prestar servizio a nessuno per favore. E ora vieni qui.»   
   Parlava in modo così precipitoso che metà delle parole restavano tronche; ma il figlio era abituato a capirlo. Condusse il figlio accanto al bureau, ne ribaltò il coperchio, aperse un cassetto e ne tolse un quaderno, coperto della sua scrittura, lunga e serrata.   
   «Probabilmente io morirò prima di te. Sappilo, queste sono le mie memorie; dopo la mia morte andranno consegnate all'imperatore. Qui c'è una cartella del prestito e una lettera: è un premio per chi scriverà la storia delle guerre di Suvorov. Dovrai mandarlo all'Accademia. E questi sono i miei appunti: dopo la mia morte leggili, ne trarrai profitto.»   
   Andrej non disse al padre che sicuramente sarebbe vissuto ancora a lungo. Capiva che non bisognava dirlo.   
   «Farò tutto, batjuška,» disse.   
   «Bene. E adesso addio!» Diede la sua mano da baciare al figlio e l'abbracciò. «Ricordati di una cosa, principe Andrej: se ti uccideranno, questo vecchio ne avrà dolore...» Improvvisamente tacque; poi, a un

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