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si sapeva dagli informatori e dagli stessi prigionieri - verso Smolensk. Di questo convoglio erano a conoscenza non solo Denisov e Dolochov che - anche lui partigiano con una piccola banda - procedeva non distante da Denisov, ma anche i capi di grossi reparti con veri e propri Stati Maggiori; tutti erano a conoscenza di questo convoglio e, come diceva Denisov, arrotavano i denti. Due capi di grossi reparti - uno polacco, l'altro tedesco - mandarono quasi contemporaneamente a Denisov l'invito ad unirsi loro per assalire insieme il convoglio.   
   «No, cavo mio, i baffi li ho puve io,» disse Denisov leggendo quelle missive e scrisse al tedesco che, pur desiderando ardentemente di essere agli ordini di un generale così valoroso e famoso, doveva privarsi di quel piacere perché si era già messo agli ordini del generale polacco. Al generale polacco scrisse poi la stessa cosa, informandolo di trovarsi già agli ordini del tedesco.   
   Denisov aveva infatti intenzione, con l'appoggio di Dolochov e senza informare i superiori, di attaccare e prendere il convoglio con le sue scarse forze. Il 22 ottobre il convoglio si trovava tra il villaggio di Mikulino e il villaggio di Šamševo. Sul lato sinistro della strada tra Mikulino e Šamševo correvano grandi boschi che a tratti si avvicinavano alla strada maestra, a tratti se ne allontanavano per un miglio e anche più. Attraverso questi boschi, ora inoltrandosi nel folto, ora uscendone ai margini, aveva cavalcato per tutto il giorno Denisov con la sua banda, senza mai perdere di vista i francesi in movimento. Fin dal mattino, non lontano da Mikulino, là dove il bosco più si avvicinava alla strada, i cosacchi della banda di Denisov si erano impadroniti di due furgoni francesi, carichi di selle per la cavalleria, che si erano impantanati; e li avevano portati dentro il bosco. Da quel momento e fino alla sera la

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