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anche lui era abituato a fare tutto per bene e non a casaccio e che al pericolo non pensava mai.   
   «Perché, convenitene, se non si sa con certezza in quanti sono... forse ne può dipendere la vita di centinaia di uomini, mentre noi saremo solo due. E poi ne ho una gran voglia e ci andrò ad ogni costo, ad ogni costo. Non mi trattenete,» disse, «sarebbe peggio...»   
   

   Capitolo IX   

   
   Vestiti con cappotti francesi e chepì, Petja e Dolochov si avviarono a cavallo verso la radura dalla quale Denisov aveva guardato l'accampamento francese e, sbucati dalla foresta nell'oscurità più assoluta, discesero nell'avvallamento. Arrivati giù, Dolochov ordinò ai cosacchi che li accompagnavano di aspettarli e si avviò di buon trotto per la strada che portava al ponte. Petja, che veniva meno dall'emozione, cavalcava al suo fianco.   
   «Se ci beccano, io non mi lascio prendere vivo, ho una pistola,» mormorò Petja.   
   «Non parlare russo,» rispose con un rapido bisbiglio Dolochov, e nello stesso istante nell'oscurità si udì l'intimazione «Qui-vive?» e l'armeggiare di un fucile.   
   Petja sentì il sangue affluirgli al volto e pose mano alla pistola.   
   «Lanciers du 6-me,» disse Dolochov senza né rallentare né accelerare l'andatura del cavallo.   
   Sul ponte si stagliava la nera sagoma della sentinella.   
   «Mot d'ordre?»   
   Dolochov trattenne il cavallo e avanzò al passo.   

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