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abbracciavano i cosacchi e gli ussari.   
   Gli ussari e i cosacchi si facevano attorno ai prigionieri e offrivano loro chi abiti, chi stivali, chi pane. Pierre singhiozzava seduto in mezzo a loro e non riusciva a dir parola; abbracciò il primo soldato che gli capitò vicino e piangendo lo baciò.   
   Dolochov ritto davanti all'ingresso della casa diroccata si lasciava sfilare davanti le frotte disarmate dei francesi. I francesi, eccitati da quanto era successo, parlavano ad alta voce fra loro; ma, quando passavano davanti a Dolochov che si frustava leggermente gli stivali con lo scudiscio e li guardava con quel suo sguardo gelido e vitreo, che non prometteva nulla di buono, di colpo si azzittivano. Dall'altra parte il cosacco di Dolochov era intento a contare i prigionieri, segnando ogni centinaio con un rigo di gesso sul portone.   
   «Quanti?» domandò Dolochov al cosacco che contava i prigionieri.   
   «Siamo al secondo centinaio,» rispose il cosacco.   
   «Filez, filez,» intimava Dolochov, che aveva imparato quest'espressione dai francesi, e ogni volta che i suoi occhi si incontravano con quelli dei prigionieri, lo sguardo gli si illuminava di un lampo crudele.   
   Denisov, toltosi il berretto di pelo, seguiva cupo in volto i cosacchi che portavano verso una fossa scavata nel giardino il corpo di Petja Rostov.   
   

   Capitolo XVI   

   
   A partire dal 28 ottobre, quando incominciarono le gelate, la fuga dei francesi assunse un carattere ancora più tragico per gli uomini che si congelavano e arrostivano a morte attorno ai fuochi mentre in pelliccia e

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