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a se stesso e al modo più rapido di allontanarsi e di mettersi in salvo.   
   

   Capitolo XVII   

   
   Le operazioni dell'esercito russo e di quello francese durante la campagna di ritorno da Mosca fino al Niemen ricordano il gioco della moscacieca, quando a due giocatori si bendano gli occhi e uno ogni tanto suona un campanellino per dar notizia di sé all'altro che cerca di agguantarlo. Dapprima quello che deve essere agguantato suona senza aver paura dell'avversario, ma quando le cose si mettono male, cercando di camminare senza far rumore, scappa via dal suo avversario e spesso, credendo di scappare, gli va a finire proprio tra le braccia.   
   In un primo tempo le truppe napoleoniche davano ancora notizia di sé (nel primo periodo, cioè, del movimento lungo la strada di Kaluga), ma poi, portatesi sulla strada di Smolensk, si diedero alla fuga tenendo ben fermo con la mano il batacchio del campanello, e spesso, credendo di allontanarsene, correvano proprio in braccio ai russi.   
   Data la rapidità con cui correvano i francesi e dietro a loro i russi, e dato il conseguente sfinimento dei cavalli, il mezzo principale per conoscere sia pure in modo approssimativo la posizione in cui si trovava il nemico - ossia le ricognizioni di cavalleria - non poteva sussistere. Oltre a ciò, a causa dei frequenti e rapidi mutamenti di posizione dei due eserciti, le informazioni, quali che fossero, non potevano arrivare in tempo. Se il giorno 2 arrivava la notizia che l'esercito nemico il giorno 1 si trovava in un dato luogo, il giorno 3, quando ancora si poteva intraprendere qualcosa, quell'esercito aveva già fatto due tappe e si trovava ormai in tutt'altra posizione.   

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