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nessuno), Ney dunque, che procedeva per ultimo con il suo corpo di diecimila uomini, raggiunse Napoleone a Orša con soli mille uomini, dopo aver abbandonato tutti gli altri uomini e tutti i cannoni ed essere riuscito di notte a passare il Dnepr, di soppiatto, attraverso una foresta.   
   Da Orša continuarono a fuggire lungo la strada di Vilno, continuando sempre a giocare a moscacieca con l'esercito inseguitore. Sulla Berezina ci fu di nuovo grande scompiglio, molti affogarono, molti si arresero, ma quelli che riuscirono a portarsi al di là del fiume continuarono a fuggire. Il loro comandante supremo infilò la pelliccia e balzato su una slitta, galoppò via da solo, abbandonando i suoi compagni. Chi poté, lo imitò; chi non poté, si arrese o morì.   
   

   Capitolo XVIII   

   
   Potrebbe sembrare che in questa fase della campagna, quando i francesi in fuga fecero tutto il possibile per rovinarsi e quella moltitudine di uomini non eseguì un movimento - dalla conversione sulla strada di Kaluga fino alla fuga del comandante dell'esercito - che avesse un minimo senso, potrebbe sembrare che in questo periodo della campagna, agli storici che attribuiscono le azioni delle masse alla volontà di un solo uomo dovesse riuscire impossibile descrivere una simile ritirata secondo le loro concezioni. Ma non è così. Montagne di libri sono state scritte dagli storici su questa campagna e dappertutto sono esposti gli ordini di Napoleone e i suoi piani per dirigere l'esercito, e le geniali disposizioni dei suoi marescialli.   
   La ritirata da Malo-Jaroslavec, quando gli si lasciava aperta la via

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