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perdono e amore.   
   «Amica mia, mammina,» ripeteva, tutta protesa nel suo amore come per togliere alla madre e prendere in qualche modo su di sé l'eccesso di dolore che la annientava.   
   E di nuovo, in una lotta impotente con la realtà, la madre, rifiutandosi di credere di poter vivere dopo che era stato ucciso nel fiore degli anni il suo adorato ragazzo, cercò scampo dalla realtà nel mondo della follia.   
   Nataša non seppe poi dire come fossero passate quella giornata, la notte, la giornata e la notte successiva. Non dormiva e non lasciava mai la madre. L'amore di Nataša, tenace, paziente, non come una spiegazione, non come una consolazione, ma come un appello alla vita, sembrava come avviluppare da ogni parte in un abbraccio la contessa. La terza notte la contessa si calmò per qualche minuto e Nataša chiuse gli occhi, appoggiando il capo al bracciolo della poltrona. Il letto cigolò. Nataša aprì gli occhi. La contessa era seduta sul letto e parlava in modo sommesso.   
   «Come sono contenta che sei arrivato. Sei stanco, vuoi del tè?» - Nataša le si avvicinò - «Ti sei fatto più bello, più uomo,» continuò la contessa, prendendo la mano della figlia.   
   «Mammina, ma che state dicendo!»   
   «Nataša, lui non c'è più, non c'è più!» E, abbracciata la figlia, per la prima volta la contessa si mise a piangere.   
   

   Capitolo III   

   
   La principessina Mar'ja rimandò la partenza. Sonja, il conte avrebbero

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