né autorità, né chiese, né cose sacre, né ricchezze, né case, era la stessa Mosca del mese di agosto. Tutto era distrutto fuorché qualcosa di immateriale, ma di potente e di indistruttibile.
I motivi per cui da ogni parte si convergeva su Mosca dopo che era stata liberata dai nemici erano i più diversi, legati a interessi personali e in un primo tempo, nella maggior parte dei casi, brutali e bestiali. Un solo impulso era comune a tutti: convergere laggiù, nel luogo che prima era chiamato Mosca, per svolgervi la propria attività.
Dopo una settimana Mosca aveva già quindicimila abitanti, dopo due settimane venticinquemila, e via di seguito. Aumentando ininterrottamente, la popolazione verso l'autunno del 1813 era numericamente superiore a quella del 1812.
I primi russi che entrarono a Mosca furono i cosacchi del distaccamento di Wintzingerode, i contadini dei vicini villaggi e gli abitanti fuggiti da Mosca che si erano nascosti nei dintorni. I russi che entrarono in Mosca, trovandola saccheggiata, la saccheggiarono a loro volta. Essi continuavano così a fare ciò che avevano fatto i francesi. Carri di contadini arrivavano a Mosca per trasportare nei villaggi tutto ciò che era stato abbandonato nelle case devastate e lungo le strade. I cosacchi portavano nelle loro tende quanto potevano; i padroni di casa arraffavano tutto ciò che trovavano nelle case degli altri e se lo portavano in casa propria col pretesto che si trattava di roba di loro proprietà.
Ma alla prima ondata di saccheggiatori ne seguì una seconda, e poi una terza e il saccheggio di giorno in giorno, via via che aumentavano i saccheggiatori, diventava sempre più difficile e assumeva forme più definite.
I francesi avevano trovato Mosca vuota, ma con tutte le apparenze di