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   Già da qualche giorno Pierre aveva fissato per venerdì la sua partenza per Pietroburgo. Quando si svegliò la mattina di giovedì, apparve Savel'iè chiedendo ordini circa i bagagli per il viaggio.   
   «Come a Pietroburgo? Che c'entra Pietroburgo? Chi c'è a Pietroburgo?» domandò istintivamente, seppure tra sé. «Sì, tanto tempo fa, ancora prima che succedesse questo, per qualche motivo avevo deciso di andare a Pietroburgo,» si ricordò. «Ma perché? E magari ci andrò. Com'è buono, attento, come si ricorda di tutto!» pensò, guardando la vecchia faccia di Savel'iè. «E che bel sorriso che ha!» pensò ancora.   
   «Allora, insisti sempre a non voler la libertà, Savel'iè?»   
   «Che me ne faccio della libertà, Eccellenza? Sotto il povero conte, che Dio l'abbia in gloria, siamo pur vissuti e anche al vostro servizio non abbiamo subito torti.»   
   «Sì, ma i tuoi figli?»   
   «Anche i figli vivranno, Eccellenza. Con padroni come voi, si può vivere.»   
   «Già, ma i miei eredi?» disse Pierre. «Se di punto in bianco mi sposo... Sono cose che capitano,» aggiunse con un involontario sorriso.   
   «Oserei dire che sarebbe una buona cosa, Eccellenza.»   
   «Come gli sembra facile,» pensò Pierre. «Lui non sa com'è terribile, com'è pericoloso. Troppo presto o troppo tardi... È terribile!»   
   «Che cosa ordinate? Domani volete partire?» domandò Savel'iè.   
   «No, non subito. Ti avvertirò per tempo. Scusami per i fastidi che ti dò,» disse Pierre e guardando il sorriso di Savel'iè, pensò: «Che strano però che lui non sappia che adesso per me non c'è più nessuna Pietroburgo e che prima di tutto bisogna che si decida questa cosa! Del resto no, di sicuro lo sa, fa solo finta di non saperlo. Se gliene parlassi? Chissà che

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