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   E sul volto le si era impressa un'espressione felice e nello stesso tempo contrita, che pareva chiedere perdono per la sua gioia.   
   «Volevo ascoltare alla porta, ma sapevo che tu mi avresti detto tutto.»   
   Benché la principessina Mar'ja capisse e trovasse struggente lo sguardo che Nataša le rivolgeva, e la sua agitazione le facesse pena, quelle parole in un primo tempo la ferirono. Si ricordò del fratello, del suo amore.   
   «Ma che farci? Lei non può essere altrimenti...» pensò, e con una faccia triste e un po' severa riferì a Nataša tutto ciò che Pierre le aveva confidato. Sentendo che sarebbe partito per Pietroburgo, Nataša si meravigliò:   
   «Per Pietroburgo?» ripeteva come se non capisse.   
   Ma scorgendo un'espressione triste sul volto della principessina Mar'ja, ne intuì il motivo e scoppiò in lacrime.   
   «Marie,» disse, «insegnami tu che cosa devo fare: io ho paura di essere cattiva. Quello che mi dirai, io lo farò; insegnami tu...»   
   «Lo ami?»   
   «Sì,» mormorò Nataša.   
   «E allora perché piangi? Io sono felice per te,» disse la principessina Mar'ja, che grazie a quelle lacrime aveva già perdonato completamente a Nataša la sua gioia.   
   «Non sarà tanto presto, chissà quando. Pensa che felicità quando sarò sua moglie e tu sposerai Nicolas!»   
   «Nataša, ti ho pregato di non parlare di questo. Parliamo di te.»   
   Tutt'e due tacquero.   
   «Soltanto, perché a Pietroburgo?» disse ad un tratto Nataša e subito si

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