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folla che egli ha il diritto giacché ha la forza. Il caso fa sì che egli concentri tutte le sue forze per una spedizione in Inghilterra, che evidentemente avrebbe comportato la sua rovina, e che non metta mai in atto quest'intenzione, ma si imbatta fortuitamente in Mack con gli austriaci, che si arrendono senza combattere. Il caso e la genialità gli danno la vittoria ad Austerlitz, e per caso tutti, non solo i francesi, ma l'intera Europa, fatta eccezione per l'Inghilterra, che non prenderà parte agli avvenimenti che devono accadere, tutti, nonostante l'orrore e la repulsione di fronte ai suoi delitti, ora gli riconoscono il suo potere, il titolo che egli stesso si è dato, e il suo ideale di grandezza e di gloria che sembra a tutti qualcosa di meraviglioso e di razionale.   
   Quasi per misurare le proprie forze e prepararsi al movimento imminente, le forze dell'occidente si protendono in varie riprese, nel 1805, 1806, 1807 e 1809, verso oriente irrobustendosi e potenziandosi. Nel 1811 il raggruppamento di uomini che si è costituito in Francia si fonde in un unico enorme raggruppamento con i popoli del centro Europa. Insieme a ciò si sviluppa ulteriormente la tendenza a giustificare l'uomo che è alla testa del movimento. Nel decennio di preparazione che precede il grande movimento, quest'uomo entra in contatto con tutti i regnanti d'Europa. I signori del mondo non sono in grado di opporre all'ideale napoleonico di gloria e di grandezza (che pure non ha senso) alcun ideale ragionevole. Fanno a gara nel mostrargli la propria nullità. Il re di Prussia manda sua moglie a sollecitare le grazie del grand'uomo; l'imperatore d'Austria considera un onore che quest'uomo accolga nel suo letto la figlia dei Cesari, il Papa, custode del sacrario dei popoli, mette la sua religione al servizio del grand'uomo. Non è tanto Napoleone che si prepara ad eseguire la sua parte, quanto tutti coloro che lo

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