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comunità.   
   Durante le semine e la raccolta del fieno e dei cereali, badava nello stesso modo ai suoi campi come a quelli dei contadini. Ed erano pochi i proprietari che avevano i campi seminati e mietuti così presto e bene, e così redditizi come Nikolaj.   
   Con i servi di casa preferiva non aver a che fare, lì chiamava «parassiti» e a detta di tutti li lasciava abbandonati a se stessi e li guastava; quando bisognava prendere qualche provvedimento nei confronti di un servitore, specialmente quando si trattava di una punizione, era sempre indeciso e si consigliava con tutti quelli di casa; ma quando si poteva mandare a fare il soldato un servo al posto di un contadino, se ne incaricava subito, senza la minima esitazione. In tutti i provvedimenti che riguardavano i contadini, invece, non aveva mai il minimo dubbio. Ogni suo provvedimento - lo sapeva - sarebbe stato approvato da tutti contro uno o pochissimi.   
   Caricare di lavoro un uomo o punirlo solo perché così gli andava erano cose che non si permetteva, come non si permetteva di alleggerire il lavoro o di compensare un uomo solo perché ne sentiva il desiderio. Non avrebbe saputo dire in che cosa consistesse questa misura di cuò che si doveva e di ciò che non si doveva fare, ma questa misura nella sua anima era ferma e incrollabile.   
   Spesso commentava con dispetto qualche insuccesso o disordine dicendo: «con questo nostro popolo russo...» e si immaginava di non poter sopportare i mužiki.   
   Ma egli amava con tutte le forze dell'anima questo nostro popolo russo e il suo modo di vivere, e solo per questo era riuscito a comprendere e assimilare quell'unica via e quel metodo di amministrazione che davano

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