«Voi mi avevate parlato dei materiali infiammabili,» disse, «ma di incendiare il ponte, non mi avete fatto parola.»
Nesvickij si fermò, si tolse il chepì e con la mano paffuta si ravviò i capelli umidi di sudore. «Come, non vi avevo detto di bruciare il ponte?» disse. «Allora perché ci avrebbero messo gli infiammabili, batjuška?»
«Io per voi non essere batjuška, signor ufficiale dello stato maggiore, e voi non mi avete mai detto di bruciare il ponte! Io sapere il servizio e avere abitudine di eseguire rigorosamente gli ordini. Voi avere detto che il ponte sarà incendiato, ma chi lo incendierà io non poter sapere per virtù di Spirito Santo...»
«Ecco, questo è ciò che succede sempre,» disse Nesvickij con un gesto della mano. «E tu come mai sei qui?» disse, rivolto a Žerkov.
«Per la stessa ragione. Ma tu sei fradicio; suvvia, lascia che ti dia una strizzatina.»
«Voi aver detto, signor ufficiale di stato maggiore...» continuò il colonnello in tono offeso.
«Colonnello,» lo interruppe l'ufficiale del seguito, «bisogna affrettarsi, altrimenti il nemico farà avanzare i cannoni per sparare a raffica.»
In silenzio il colonnello guardò l'ufficiale del seguito, il grasso ufficiale di stato maggiore, e infine Žerkov.
«Io dar fuoco al ponte,» disse in tono solenne con la fronte aggrottata, come se con questo volesse dire che, nonostante tutte le contrarietà che gli procuravano, egli avrebbe fatto ciò che andava fatto.
Con le sue lunghe gambe muscolose il colonnello spronò il cavallo, come se l'animale fosse colpevole di tutto; si portò avanti e ordinò al secondo squadrone - lo stesso nel quale Rostov prestava servizio al comando di