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presentarsi all'imperatore Franz; si ricordò del ministro della guerra, dell'ossequioso aiutante di campo, di Bilibin e della conversazione della sera avanti. Indossata, per l'udienza a corte, l'uniforme di gala, che già da un pezzo non indossava più, bello, fresco, animato, entrò con la sua mano bendata nello studio di Bilibin. Nello studio c'erano quattro rappresentanti del corpo diplomatico. Il principe Ippolit Kuragin, che era segretario d'ambasciata, Bolkonskij lo conosceva già; gli altri gli furono presentati da Bilibin.   
   I signori che si trovavano da Bilibin, giovani di mondo, ricchi e spensierati, facevano parte sia a Vienna, sia qui, di un circolo a sé, i cui membri venivano chiamati da Bilibin - che ne era il capo - les nôtres, i nostri. Questo circolo, composto quasi solo da diplomatici, rifletteva evidentemente interessi particolari, estranei alla guerra e alla politica, e riguardanti l'alta società, le relazioni con alcune signore e gli aspetti burocratici del servizio. Questi signori accolsero di buon grado come uno dei loro (onore che riservavano a ben pochi), il principe Andrej nel proprio circolo. Per cortesia, e come pretesto per avviare la conversazione gli fecero alcune domande sull'armata e sulla battaglia, ma poi la conversazione si disperse di nuovo in frammentari, allegri scherzi e pettegolezzi.   
   «Ma il più bello è,» disse uno, raccontando lo scacco di un collega diplomatico, «il più bello è che il cancelliere gli ha detto chiaro e tondo che la sua nomina a Londra era una promozione, e che tale lui la doveva considerare. Vi immaginate la sua faccia a sentirsi dire una cosa simile?...»   
   «Mentre il peggio, signori, è quello che adesso vi rivelo di Kuragin: c'è un personaggio in disgrazia, e questo Don Giovanni, quest'uomo

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