terribile ne approfitta!»
Il principe Ippolit, che se ne stava sdraiato in una poltrona alla Voltaire con le gambe a cavalcioni del bracciolo, scoppiò a ridere.
«Parle-moi de ça,» disse.
«Don Giovanni! Serpente!» risuonarono varie voci.
«Voi non sapete, Bolkonskij,» disse Bilibin al principe Andrej, «che tutti gli orrori dell'esercito francese (per poco non dicevo dell'esercito russo) sono una sciocchezza in confronto a ciò che ha combinato fra le donne quest'uomo.»
«La femme est la compagne de l'homme,» disse il principe Ippolit e si mise a guardare attraverso l'occhialetto i suoi piedi sollevati.
Bilibin e i nostri risero a loro volta, guardando Ippolit. Il principe Andrej si rese conto che quell'Ippolit, del quale (doveva ammetterlo) era stato quasi geloso a causa di sua moglie, era il buffone della compagnia.
«Sì, bisogna proprio che vi offra questo spasso di Kuragin,» disse piano Bilibin a Bolkonskij. «È delizioso quando parla di politica: bisogna vedere che sussiego!»
Sedette vicino a Ippolit e, arricciando le pieghe della pelle sulla fronte, intavolò insieme a lui una conversazione politica. Il principe Andrej e gli altri attorniarono i due.
«Le cabinet de Berlin ne peut pas exprimer un sentiment d'alliance,» cominciò Ippolit, lanciando a tutti occhiate significative, «sans exprimer... comme dans sa dernière note... vous comprenez... vous comprenez... et puis si sa Majesté l'Empereur ne déroge pas au principe de notre alliance... Attendez, je n'ai pas fini...» disse al principe Andrej afferrandolo per un braccio, «je suppose que l'intervention sera plus forte que la non-intervention. Et...» Tacque un momento. «On ne pourra pas