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era affatto soldatesca: era un po' buffa, anzi, ma straordinariamente simpatica.   
   L'ufficiale di stato maggiore e il principe Andrej montarono a cavallo e proseguirono.   
   Inoltratisi oltre il villaggio, sorpassando e incontrando senza posa soldati e ufficiali dei vari comandi che andavano e venivano, videro alla loro sinistra alcuni trinceramenti appena scavati, rosseggianti di argilla fresca. Alcuni plotoni di soldati, in camiciotto e senza giubba nonostante il vento freddo, brulicavano in quei trinceramenti come formiche bianche; da dietro il terrapieno, buttate senza posa da gente che restava invisibile, piombavano palate di argilla rossa. Si avvicinarono al trinceramento, lo esaminarono e proseguirono oltre. Proprio a ridosso della trincea s'imbatterono in alcune decine di soldati che avvicendandosi di continuo correvano verso quel luogo. Dovettero tapparsi il naso e spingere i cavalli al trotto per uscire da quell'atmosfera mefitica.   
   «Voilà l'agrément des camps, monsieur le prince,» disse l'ufficiale di servizio.   
   Sbucarono sul poggio antistante. Da quel monte già si scorgevano i francesi. Il principe Andrej si fermò e si mise a osservare.   
   «Ecco, lì c'è una nostra batteria,» disse l'ufficiale, indicando il punto più elevato; «è la batteria di quell'originale che se ne stava senza stivali; di là si vede tutto; andiamo, principe.»   
   «Vi ringrazio molto, ma ora proseguirò da solo,» disse il principe Andrej desiderando liberarsi dell'ufficiale, «non incomodatevi, ve ne prego.»   
   L'ufficiale rimase indietro, e il principe Andrej si avviò da solo.   
   Quanto più procedeva verso il nemico, tanto più ordinato e sereno

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