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pensava; ma, raggiunti di corsa i cespugli, si volse ancora una volta. I francesi erano rimasti indietro; inoltre, proprio nel momento in cui egli si girava, quello di testa cessò di correre e si mise al passo; poi, voltandosi, gridò forte qualcosa al compagno che lo seguiva. «No, non è quel che credevo,» pensò, «non è possibile che vogliano uccidermi.» Intanto la sua mano sinistra s'era fatta sempre più pesante, come se vi fosse stato attaccato un peso da due libbre. Non riusciva più a correre. Anche il francese si fermò e prese la mira. Rostov strizzò gli occhi e si chinò. Di fianco a lui volò ronzando una pallottola, poi un'altra ancora. Rostov raccolse le ultime forze, si afferrò la mano sinistra con la destra e raggiunse di corsa i cespugli. Fra i cespugli c'erano i fucilieri russi.   
   

   Capitolo XX   

   
   I reggimenti di fanteria, colti di sorpresa nel bosco, erano fuggiti allo scoperto e le compagnie, mescolandosi fra loro, si allontanavano in frotte disordinate. Un soldato in preda allo spavento pronunciò una parola che in guerra suona terribile e assurda: «Siamo accerchiati!» E questa parola, unita a un sentimento diffuso di terrore, si trasmise a tutta la massa.   
   «Siamo accerchiati! Ci hanno tagliato fuori! Siamo perduti!» gridavano le voci dei fuggitivi.   
   Nello stesso istante in cui udì la sparatoria e le grida alle sue spalle il comandante capì che al suo reggimento era accaduto qualcosa di terribile, e il pensiero che lui, un ufficiale esemplare, con tanti anni di servizio, di nulla colpevole, potesse venire incolpato dai superiori di

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