principessina si mostrò con lui ancor più tenera. Anche le sorelle minori erano diventate affettuose; soprattutto la più giovane, quella graziosa, con il neo, spesso sconcertava Pierre con i suoi sorrisi e il turbamento che mostrava quando le accadeva di vederlo.
A Pierre sembrava naturale che tutti gli volessero bene; gli sarebbe parso così assurdo che qualcuno non gli volesse bene, che non poteva non credere nella sincerità delle persone dalle quali era circondato. E poi non aveva il tempo di porsi domande sulla sincerità o ipocrisia di quella gente. Non aveva mai tempo e si sentiva sempre in preda a uno stato di beatitudine e di ebbrezza. Si sentiva il perno di un movimento generale e importante; sentiva che da lui ci si attendeva sempre qualcosa; che, se non avesse fatto una certa cosa, avrebbe amareggiato molte persone e le avrebbe private di ciò che si aspettavano, mentre, se avesse fatto questa cosa o quest'altra, tutto sarebbe andato bene. Così faceva quello che gli veniva richiesto, ma quel certo «bene» quell'atteso soddisfacimento restava sempre di là da venire.
In questo primo periodo, degli affari di Pierre e della sua stessa persona s'impossessò più di ogni altro il principe Vasilij. Dal giorno della morte del vecchio conte Bezuchov egli non mollò più Pierre. Il principe Vasilij aveva l'atteggiamento di un uomo oberato dagli affari, stanco, sfinito, ma che per altruismo non poteva, insomma, abbandonare all'arbitrio della sorte e degli imbroglioni quel giovanotto inerme, figlio, après tout, d'un suo amico, e dotato di un così immenso patrimonio. Nei pochi giorni trascorsi a Mosca dopo la morte del conte Bezuchov, egli aveva spesso convocato Pierre o si era recato da lui di persona, e gli indicava quel che andava fatto in un tono di così annoiata sufficienza da parere che ogni volta dicesse: «Vous savez que je suis