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calva che si chinava sulla sua mano, e rispose a qualche sua parola dicendo che, al contrario, si ricordava molto bene di lui. Poi si avvicinò a lei Anatol'. Lei continuava a non vederlo. Sentì soltanto una mano morbida stringere saldamente la sua, e sfiorò appena una fronte bianca circondata da capelli biondi e impomatati. Quando lo guardò, fu colpita dalla sua bellezza. Anatol', tenendo il pollice della mano destra appoggiato al bottone allacciato della giacca della divisa, con il petto in fuori e il dorso eretto, oscillando un poco sulle gambe divaricate e tenendo il capo lievemente divaricato, la guardava in silenzio con un'espressione allegra nella quale s'indovinava che non stava affatto pensando a lei. Anatol' non era di spirito pronto, né vivace, né di brillante conversazione, ma in compenso aveva il dono prezioso, in società, di mostrare una calma e una sicurezza di sé che non gli venivano mai meno. Se un uomo poco sicuro di sé quando viene presentato a qualcuno, non riesce a parlare e manifesta la sconvenienza di quel silenzio sforzandosi di dire qualcosa, fa una figura penosa. Ma Anatol' taceva, si dondolava sulle gambe, e osservava con aria allegra la pettinatura della principessina. Si capiva che egli era in grado di conservare quel serafico silenzio anche molto a lungo. «Se per qualcuno questo silenzio è imbarazzante, chiacchierate pure; io, per conto mio, non ne ho voglia,» sembrava dire col suo atteggiamento. Oltre a ciò, Anatol' trattava le donne in un modo che più di ogni altro suscita nelle donne curiosità, timore e perfino amore: e cioè con una sprezzante consapevolezza della propria superiorità. Come se col suo atteggiamento egli dicesse: «Vi conosco, vi conosco; ma perché prendersela tanto per voi? Lo so che ne sareste contente!» Può anche darsi che lui non lo pensasse affatto (ed è anzi probabile di no, perché in genere pensava poco), ma tali erano il suo

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