«Mi tratti come una malata o una bambina. Vedo tutto, io. Eri forse così sei mesi fa?»
«Lise, vi prego di smettere,» disse il principe Andrej in tono ancor più fermo.
Pierre, che nel corso di questa conversazione si era sentito sempre più agitato, si alzò accostandosi alla principessa. Pareva che non potesse sopportare la vista delle lacrime e fosse in procinto di mettersi a piangere anche lui.
«Calmatevi, principessa. A voi fa quest'impressione perché, ve lo assicuro, anch'io l'ho provato... perché... perché... Ma, perdonate, un estraneo qui è di troppo... No, calmatevi... Addio...»
Il principe Andrej lo trattenne per un braccio.
«No, aspetta, Pierre. La principessa è così buona che non vorrà privarmi del piacere di passare la sera con te.»
«Certo, lui pensa solamente a se stesso,» mormorò la principessa senza frenare lacrime di rabbia.
«Lise,» disse in modo secco il principe Andrej alzando il tono di voce al limite che indica come la pazienza sia ormai esaurita.
A un tratto la rabbiosa espressione da scoiattolo del bel visino della principessa lasciò il posto a un'attraente, compassionevole espressione di timore; con i suoi splendidi occhi guardò di sottecchi il marito e sul suo volto apparve quell'espressione di colpevole sottomissione che hanno i cani quando agitano in modo rapido ma fiacco la coda tenuta abbassata.
«Mon Dieu, mon Dieu!» disse e, raccolta con una mano la piega dell'abito, si accostò al marito e lo baciò in fronte.
«Bonsoir, Lise,» disse il principe Andrej. Si alzò e essequiosamente, come avrebbe fatto con un'estranea, le baciò la mano.