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autorevolezza nella voce. «Voi volete offendermi e io sono pronto a consentire con voi che è molto facile farlo se non si ha sufficiente rispetto per se stessi; ma consentite, che il momento e il luogo sono molto mal scelti. A giorni noi tutti ci troveremo coinvolti in un grande e più serio duello; ma indipendentemente da questo, Drubeckoj, il quale dice di essere un vostro vecchio amico, non ha alcuna colpa se la mia faccia ha avuto la sfortuna di non piacervi. Del resto,» aggiunse, alzandosi in piedi, «voi conoscete il mio nome e sapete dove trovarmi; ma non dimenticate che io non considero in alcun modo offeso né me né voi, e il mio consiglio, come persona di voi più anziana, è di non attribuire a tutto ciò alcuna conseguenza. Venerdì vi attendo dopo la rivista, Drubeckoj. Arrivederci.» E dopo aver fatto un cenno di saluto a entrambi, il principe Andrej uscì.   
   Rostov si ricordò di ciò che avrebbe dovuto dire soltanto quando l'altro se n'era già andato, e fu ancora più contrariato per essersi dimenticato di dirlo. Ordinò subito che gli portassero il cavallo e, congedatosi freddamente da Boris, ritornò al campo. Avrebbe dovuto andare l'indomani al quartier generale e sfidare quel tronfio aiutante di campo, o lasciare le cose come stavano? Questo era l'interrogativo che lo tormentò durante tutto il tragitto. Ora pensava irosamente con quale soddisfazione avrebbe visto lo spavento di quell'ometto debole e orgoglioso di fronte alla sua pistola, ora sentiva con stupore che di tutte le persone che conosceva nessuno avrebbe desiderato avere per amico come quel piccolo aiutante che gli riusciva detestabile.   
   

   Capitolo VIII   

   

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