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   Il giorno dopo l'incontro di Boris con Rostov ebbe luogo la rassegna delle truppe austriache e russe, sia di quelle appena giunte dalla Russia, sia di quelle reduci dalla campagna di guerra con Kutuzov. I due imperatori - il russo accompagnato dal principe ereditario e l'austriaco dall'arciduca - dovevano passare in rassegna l'esercito alleato di ottantamila uomini.   
   Le truppe tirate a lucido e con le alte uniformi cominciarono a muoversi di buon mattino, per andare a schierarsi sul campo davanti alla fortezza. Ora procedevano migliaia di gambe e di baionette con le bandiere al vento, e al comando degli ufficiali si fermavano, facevano la conversione sul fianco e si schieravano al posto assegnato, accanto ad altre ed eguali masse di fanteria con diverse uniformi; ora con ritmo scandito e misurato, rintronava un reparto di cavalleria in gran gala, con le uniformi ricamate, azzurre, rosse, verdi, preceduti dalla banda gallonata, su cavalli neri, sauri e grigi; sfilando con il rumore di bronzo dei cannoni lustri e scintillanti che vibravano sugli affusti, e con il suo odore di miccia, l'artiglieria s'insinuava fra la fanteria e la cavalleria e si disponeva nei punti assegnati. Non soltanto i generali in uniforme da parata, con le loro vite grosse o snelle eccessivamente strette alla cintola e con i colli rossi chiusi nei colletti, con le fusciacche e le decorazioni, non soltanto gli impomatati e agghindati ufficiali, ma anche ogni soldato, con la faccia lavata e rasata di fresco, le armi e tutto l'equipaggiamento lustro fino all'impossibile, ogni cavallo, strigliato al punto che il manto brillava come raso e le criniere pettinate pelo per pelo, tutti sentivano che stava accadendo qualcosa di oltremodo importante e di solenne. Ogni generale, ogni soldato sentiva la propria nullità, conscio di essere un granello di sabbia in quel mare di

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