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uomini, e al tempo stesso sentiva la propria potenza, conscio di esser parte di quell'enorme tutto.   
   Sin dal primo mattino erano cominciati un gran movimento e lo sforzo dei preparativi, e alle dieci tutto era nell'ordine dovuto. Sull'enorme spianata le file erano schierate. L'intero esercito era disposto in tre masse: prima veniva la cavalleria, poi l'artiglieria, e infine la fanteria.   
   Fra una massa e l'altra c'era una sorta di corridoio.   
   Le tre parti che costituivano l'esercito si distinguevano nettamente l'una dall'altra: le truppe che avevano combattuto con Kutuzov (al fianco destro del quale erano schierati in prima fila gli uomini del reggimento di Pavlograd), i reggimenti di linea e della Guardia arrivati dalla Russia e le truppe austriache. Ma tutti erano parte dello stesso schieramento, sotto lo stesso comando e disposti nell'identico ordine.   
   Come il vento sulle foglie trascorse un mormorio agitato: «Vengono! Vengono!» si udirono delle voci sgomente e poi, per tutte le truppe, corse l'onda degli ultimi febbrili preparativi.   
   Davanti, proveniente da Olmütz, apparve un gruppo di cavalieri che si stava avvicinando. E nello stesso tempo, sebbene fosse una giornata senza vento, una lieve folata di brezza corse sopra l'esercito e mosse le banderuole delle lance e le bandiere spiegate che batterono contro le aste. Sembrava che fossero gli stessi soldati schierati a esprimere con questo lieve movimento la loro esultanza all'avvicinarsi dei sovrani. Si udì un grido: «Attenti!» Poi, come i galli all'alba, lo stesso grido si ripeté da un capo all'altro dello schieramento. E tutto fu silenzio.   
   In quel mortale silenzio si udiva soltanto lo scalpitio dei cavalli. Era il seguito degli imperatori. Cavalcando, i sovrani si avvicinarono al

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