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voi nemmeno per un minuto), ascoltava un vecchio generale russo pieno di decorazioni che gli riferiva qualcosa stando quasi in punta di piedi, tutto rigido, con un'espressione di servile ossequio militaresco sul volto paonazzo.   
   «Molto bene, vogliate aspettare,» disse al generale in russo, ma con quell'accento francese con cui il principe Andrej parlava quando voleva essere sprezzante; poi, accortosi di Boris, senza più badare al generale (che gli correva appresso con aria supplice, pregando di ascoltarlo), si rivolse a lui sorridendogli lietamente e facendogli un cenno del capo.   
   In quel momento Boris comprese in modo ancora più chiaro una cosa che pensava anche prima, e cioè che nell'esercito, oltre alla gerarchia e alla disciplina previste dal regolamento e note al reggimento e a lui, c'era un'altra e più essenziale gerarchia; e questa gerarchia obbligava quel generale impettito dal volto paonazzo ad aspettare rispettosamente, mentre il capitano principe Andrej trovava di maggior gradimento chiacchierare con l'alfiere Boris Drubeckoj. Più che mai Boris da quel momento aspirò a poter prestare servizio non secondo la gerarchia scritta nel regolamento, ma secondo quest'altra non scritta. Adesso sentiva che solo per il fatto d'esser stato raccomandato al principe Andrej, all'improvviso s'era trovato più in alto d'un generale, che pure in altre occasioni, al fronte, avrebbe potuto annientare lui, povero alfiere della Guardia.   
   «Mi dispiace molto che ieri non mi abbiate trovato. Sono stato occupato tutto il giorno con i tedeschi. Siamo andati a verificare le disposizioni insieme con Weirother. Quando i tedeschi si mettono a fare i pedanti, non si finisce più!»   
   Boris sorrise fingendo di capire le cose di cui il principe Andrej parlava come se fossero state ovvie. Ma era la prima volta che udiva il

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