passava a cavallo quell'ussaro con i baffi, già ci avevo pensato proprio davanti alla casa di Gur'ev... Il vecchio Gur'ev... Eh, è un gran bravo ragazzo, Denisov! Ma queste sono tutte sciocchezze. L'importante, adesso, è che l'imperatore è qui. Come mi ha guardato! E avrebbe anche voluto dirmi qualcosa, ma non ne ha avuto il coraggio. Ma queste sono sciocchezze, mentre l'essenziale è non dimenticare che stavo pensando una cosa indispensabile, sì.»
E di nuovo Rostov lasciò penzolare la testa sulla criniera del cavallo. A un tratto gli parve che sparassero su di lui.
«Che è? Che cos'è? Alla carica! Che...» si mise a dire Rostov, scuotendosi.
Nell'istante in cui aprì gli occhi, Rostov udì davanti a sé, là dove stava il nemico, le grida protratte di migliaia di voci. A queste grida il suo cavallo e quello dell'ussaro che gli stava accanto drizzarono le orecchie. Nel punto da cui erano giunte le grida si accese e poi si spense un focherello, poi un altro, e, lungo tutta la linea delle truppe francesi, sulle colline si accesero fuochi mentre le grida si facevano sempre più intense. Rostov distingueva i suoni delle parole francesi, ma non riusciva a decifrarle. Troppe voci gridavano, tutte insieme. Si udiva soltanto: aaaa! e rrrr!
«Che cos'è? Tu che ne pensi?» chiese Rostov rivolgendosi all'ussaro che gli stava accanto, «è dal campo nemico, no?»
L'ussaro non rispose nulla.
«Be', sei sordo, forse?» disse Rostov dopo aver atteso abbastanza a lungo la risposta.
«E chi lo sa, vossignoria,» rispose di malavoglia l'ussaro.
«Giudicando dalla direzione dovrebbe essere il nemico, no?» ripeté