Faceva freddo e scuro. Gli ufficiali bevevano il tè frettolosamente e facevano colazione; i soldati masticavano le gallette, battevano i piedi sul terreno per riscaldarsi e si affollavano intorno ai falò gettando nel fuoco avanzi di baracche, sedie, tavoli, ruote, mastelli: tutto ciò che non era possibile portar via. Gli ufficiali austriaci che dovevano far da guida alle colonne correvano avanti e indietro fra le truppe russe e annunciavano l'offensiva. Non appena un ufficiale austriaco compariva nei pressi del luogo dove il comandante di un reggimento pernottava, questi si metteva in agitazione: i soldati lasciavano di corsa i fuochi, nascondevano le pipe nei gambali, i fagotti nei carriaggi, prendevano i fucili e si mettevano in fila. Gli ufficiali si abbottonavano le uniformi, s'infilavano le sciabole e gli zaini e percorrevano le file gridando ordini; attendenti e soldati delle salmerie attaccavano i cavalli, caricavano i carri e legavano i carichi. Aiutanti di campo e comandanti di battaglioni e di reggimento montavano a cavallo, si facevano il segno della croce, davano gli ultimi ordini, impartivano istruzioni e raccomandazioni ai soldati delle salmerie che restavano indietro, ed echeggiava il calpestio uniforme di migliaia di piedi. Le colonne si mettevano in marcia senza sapere verso quale meta e senza vedere - per la massa degli uomini che le circondavano, per il fumo e per la nebbia che si infittiva sempre più - né la località che si lasciavano alle spalle né quella verso cui si avviavano.
Un soldato in marcia è circondato, limitato e trascinato dal suo reggimento come un marinaio sulla sua nave. Come per il marinaio, per quanto lontano possa andare e per quanto strane, ignote e pericolose siano le latitudini nelle quali egli s'inoltra, ci sono sempre gli stessi ponti, gli stessi alberi, le stesse funi della nave, così intorno al soldato ci