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   Alcuni feriti camminavano lungo quella strada. Le imprecazioni, le grida, i gemiti si fondevano in un frastuono generale. La sparatoria cessò. Come Rostov seppe in seguito, i soldati russi e austriaci si erano sparati a vicenda.   
   «Dio mio! Che cosa significa questo?» pensava Rostov. «Qui, dove a ogni istante l'imperatore può vederli!... Ma no, certamente si tratta solo di poche canaglie. È un episodio transitorio, non è così, non può essere,» pensava. «Devo soltanto sorpassarli, sorpassarli al più presto!»   
   L'idea della sconfitta e della fuga non poteva venire a Rostov. Sebbene vedesse i cannoni e le truppe francesi proprio sull'altura di Pratzen, su quella stessa altura dove gli era stato ordinato di cercare il comandante supremo, egli non poteva e non voleva credere alla disfatta.   
   

   Capitolo XVIII   

   
   Rostov aveva l'ordine di cercare Kutuzov oppure l'imperatore nei pressi del villaggio di Pratzen. Ma lì non soltanto non c'erano: non c'era nemmeno un comandante; vi si trovava solo una folla mista ed eterogenea di truppe scompaginate. Rostov spronò il suo cavallo ormai stanco per oltrepassare al più presto quelle folle, ma quanto più si inoltrava, tanto più quella ressa appariva caotica e confusa. Sulla strada maestra sulla quale era sbucato si affollavano carrozze e vetture di ogni tipo, soldati russi e austriaci di tutte le armi, feriti e non feriti. Tutta questa folla formicolava e rumoreggiava confusamente sotto il cupo rimbombo delle palle di cannone delle batterie francesi postate sulle alture di Pratzen.   
   «Dov'è l'imperatore? Dov'è Kutuzov?» domandava Rostov a tutti quelli che riusciva a fermare, ma da nessuno otteneva una risposta.   

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