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cadde col suo cavallo in una pozza di sangue. Nessuno lo guardò, nessuno pensò a risollevarlo.   
   «Passa sul ghiaccio! Passa sul ghiaccio! Avanti, cammina: non mi senti!? Qua!» echeggiarono a un tratto, dopo la palla che aveva centrato il generale, innumerevoli voci che neppure sapevano che cosa gridassero e perché.   
   Uno dei cannoni di coda, che stava per imboccare la diga, svoltò sul ghiaccio. Folle di soldati cominciarono a correre dalla diga sullo stagno gelato. Sotto uno dei primi soldati il ghiaccio scricchiolò e un piede gli sprofondò in acqua; egli fece per risollevarsi, ma sprofondò fino alla cintola. I soldati che gli erano più vicini esitarono, il conducente del cannone fermò il suo cavallo, ma dietro si udiva ancora gridare: «Monta sul ghiaccio, perché ti fermi? Cammina!» Nella folla echeggiarono grida di terrore. I soldati che circondavano il cannone agitavano le fruste sui cavalli e li battevano perché deviassero e si muovessero. I cavalli si staccarono dalla riva. Il ghiaccio, che reggeva gli appiedati, si spaccò e cedette in un blocco enorme, e una quarantina di uomini che vi stavano sopra si buttarono chi avanti, chi indietro, trascinandosi a vicenda sott'acqua.   
   Le palle continuavano a sibilare con la stessa regolarità e piombavano sul ghiaccio o nell'acqua, ma più spesso sulla folla che gremiva la diga, gli stagni e la sponda.   
   

   Capitolo XIX   

   
   Sull'altura di Pratzen, nello stesso punto dov'era caduto con l'asta della bandiera in mano, giaceva il principe Andrej Bolkonskij; perdeva

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